Diario: l’enigmistico

Casu 7/2017 – L’enigmistico – Voce narrante: era una notte come tante altre, ma l’ispettore fiutò nell’aria quell’odore che si sente quando sta per avvicinarsi una tempesta, in confronto la tempesta ormonale della vicina sarebbe stata la benvenuta, rispetto al diluvio che stava per abbattersi su Bogart City.

Quella mattina avevo l’oro in bocca, quello che possedevo dall’età di sedici anni quando rubai una catenina per regalarla alla mia bella Fergy, ed io durante la perquisizione per non farmela trovare la misi in bocca e lì rimase fino ad oggi. Quell’errore di gioventù assieme ad altre piccole marachelle combinate quando l’età non è quella della ragione ma quella che segue l’istinto ormonale: infatti, lo feci solo per farmi bello agli occhi di Fergy, così che aprendo la bocca sembravo lo zingaro Ygor e lei più interessata all’oro che a me, decise di lasciarmi quando seppe che quell’oro non sarebbe mai diventato un anello per le sue fragili dita.
“18 verticali: si fa quando si va a letto, sette lettere.”
“Lo so commissario: russare!” disse Piras.
“No, è dormire”, feci io.
“Ma io quando vado a letto russo,” proseguì Piras, “me l’ha detto mia moglie; però anche lei russa.”
“Quindi anche lei emette quel fastidioso rumore notturno?” Chiosai.
“Ma a lei chi glielo ha detto?” Fece Piras sospettando già qualche lontana tresca con la moglie.
“Ma benedetto figliolo lo ha appena detto lei che sua moglie russa…”
“E’ giusto infatti, lei è russa, esattamente di Mosca”. Ma non russa.
E magari non si fa mettere la Mosca al naso da lui; non lo dissi ma lo pensai.
“Commissario a proposito, abbiamo un altro indizio lasciato dall’enigmistico.”
Ma questo gli studi dove gli ha fatti? Dovrebbe chiamarsi l’Enigmista, l’ho visto anche in parecchi film… Va bhè lasciamo perdere. “Che cosa ha combinato questa volta?” domandai.
“Ha messo una bomba in centro e pare che stia per esplodere”
“Non c’è un attimo da perdere: corriamo…”
“Commissario semmai, voliamo, visto che abbiamo le volanti…”
Lasciai perdere. Avevo già indossato l’impermeabile di Ubaldo Lay e con questo avevo l’impressione che sarei riuscito a risolvere qualsiasi enigma, ma gli enigmi dell’Enigmistico erano tremendi in qualche caso addirittura quattro-mendi!
Come quella volta che dovemmo risolvere un altro suo enigma: “Fa la gatta morta, ma per adesso è sana come un pesce.”
Era un indizio, per questo motivo cercammo tutte le gattare della zona ma inutilmente solo dopo due settimane scoprimmo che la gatta morta, ma ancora viva, era quella che trovammo imbavagliata in un residence della zona. Arrivammo giusto in tempo prima che una bottiglia di mirto artigianale da quarantotto gradi non le venisse versato interamente in bocca. La liberammo, ma prima di liquidarci strappò dalle mani la bottiglia al povero assistente Piras che già degustava quel prezioso liquido e se lo tracannò tutto d’un fiato.
“Ma benedetta figliola,” (che con lo “spirito” ci stava bene) fece Piras, che cosa siamo venuti a fare se poi il mirto se lo è bevuto lo stesso?”
E come dargli torto? Ma era l’Enigmistico che ci stava mettendo alla prova.
Questa volta la faccenda sembrava più seria tanto che nessuno dei colleghi si mise a ridere, eppure del tempo ne era passato sotto i ponti (mi pare si dica così).
Chiamai la squadra degli artificieri ma in quel momento si trovavano tutti a festeggiare un piccolo dinosauro, nato a Jurassic Park, la dimora estiva degli eredi di Piero e Alberto Angela. Il loro telefono era muto, quindi non avrebbe potuto dirmi nulla, al limite farmi qualche gesto che però io da così lontano avrei fatto fatica a vederlo, perché la mia vista ultimamente si era annebbiata e se anche porto i fari allo iodio, non sarei riuscito a vederci un acca, solo sforzandosi sarei potuto arrivare al massimo alla lettera E.
Arrivati sul posto, trovammo una povera donna legata su una sedia al centro della via principale, con sotto una scatola, quella che certamente conteneva la bomba. Affianco un biglietto con su scritto: ne ferisce più la lingua che la spada. Le armi bianche non mi sono mai piaciute ma a dire il vero neanche quelle nere.
Io la donna la conoscevo, era una bomba sexy. La conobbi al mare quando il marito sotto l’ombrellone le disse: “Cara hai visto? La nostra vicina d’ombrellone prima di buttarsi in acqua dà un bacio al suo uomo, perché non lo fai anche tu?” E Lei: “Ma se neanche lo conosco???”
Non aveva tutti i torti, quell’uomo ero io e non per vantarmi ma all’epoca passavo veramente inosservato grazie al mio travestimento: impermeabile e borsalino di Hunprey Bogart, anche questo aggiudicato ad un asta di Ebbayaccagay.
La notizia era clamorosa, ma per i notiziari sarebbe stata una bomba, ma in effetti lo era anche per me, ma da solo e solo con l’aiuto del mio assistente Piras l’avrei dovuta disinnescare. Qui nasceva sempre il dubbio di Amleto: il filo, lo taglio o no lo taglio? In quel caso l’avrei dovuto per forza tagliare, ma per citare ancora Amleto: taglio quello blu o taglio quello rosso? Il dubbio mi restava.
Ma torniamo a bomba. La ragazza sopra il pacco, lavorava come cassiera e la sua attività consisteva nel battere lo scontrino, sua madre invece era una tipa di facili costumi, te ne accorgevi in un batter d’occhio; come avrete potuto notare in quel negozio tutti battevano.
Ciononostante non le serbavo rancore anche se lei non si curava di nessuno, non si curava dei vicini che battevano sul muro, non si curava dei colleghi ai quali aveva fatto perdere il lavoro; lei non si curava: era malata cronica!
Ci avvicinammo a lei e alla sedia per cercare di capire se avessi dovuto tagliare il filo rosso o quello blu: maledetto Amleto!
Non appena aprii la scatola, notai che vi era un timer che scandiva il conto alla rovescia e allo zero mancavano due minuti. “Chi ha tempo non aspetti tempo” recitava un foglietto che si trovava dentro quella scatola, ma io che di tempo ne avevo ben poco che cosa avrei dovuto aspettare? Un tempo, in simili occasioni, mi ci sarei buttato come un pesce, meglio se in compagnia di una sardina, quelle della popolazione dei sardi che non sono tanto alte ma che in compenso si muovono come se fossero dei pesci. Se non stai attento però la spina ti rimane di traverso e se non la tratti con le dovute maniere, oltre ad essere spinose sono anche vendicative.
A guardarle i piedi notai che aveva praticato la danza. La sua era stata una famiglia povera per questo motivo quando rompeva le scarpette la madre non potendogliele ricomprare, le rifaceva la punta direttamente sui piedi con un temperalapis.
Ma questi sono dettagli che ora mi portano in un’altra strada, ma io preferisco stare su questa a disinnescare la bomba. Non feci in tempo a prendere in mano il filo blu che il timer segnava un minuto allo scadere del tempo ma non appena apparve il numero cinquantanove, la scatola e tutto il suo contenuto mi esplosero in faccia.
Mi risvegliai nel letto dell’ospedale statale dedicato solo agli ispettori che aprono pacchi e nel mio pacco era esplosa una bomba. Per fortuna che la bomba non era piena di polvere da sparo bensì di crema chantilly che però io odiavo, forse perché dolci non mi sono mai piaciuti.
L’orologio era esploso prima del previsto perché made in Cina e si sa che loro hanno solo oggetti fatti male che pur di risparmiare, alle ore tolgono qualche secondo.
Alla destra del mio letto sedeva il fido assistente Piras, mentre alla mia sinistra sedeva la ragazza della porta accanto e cioè quella che stava seduta sopra la scatola, ignara del fatto che le bombe sotto di lei se le sarebbe potuta anche mangiare, senza creare tutto quell’allarmismo, così che l’unico attentato sarebbe stato alla sua salute alla sua linea.
La sua linea non era mai occupata e il suo telefonino riceveva benissimo contrariamente a quello della squadra degli artificieri.
Dopo qualche giorno rientrai a casa e sulla porta trovai un biglietto dell’enigmistico con su scritto: “la prossima bomba la troverai là dove ci sono ancora le mezze stagioni…”
Presi il biglietto lo appallottolai e lo misi nella tasca destra da quella sinistra estrassi una pizza quattro stagioni intera, veramente buona, una bomba oserei dire.
Per quella sera non avrei saputo fare di meglio.
E poi non ditemi che questo finale non è a prova di bomba!

Voce narrante: questo è l’indizio per il prossimo caso: riuscirà l’ispettore Casu a mangiarsi la pizza quattro stagioni senza passare la notte in bianco dal momento che la pizza è rossa al sugo? Prossimamente su questi schermi.

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