La pandemia

Un altro caso per l’Ispettore Casu

scritto da: Giuliano Murgia

Stavo per ritirarmi dal servizio, ma più cercassi di ritirarmi più il mio pullover si allungava, non capisco il nesso però l’ho ammesso.

Il pullover in questione era lo stesso che

indossavo da più di 30 anni, il mio primo regalo e unico che mi fece una mia vecchia fiamma. La chiamavo così a causa del fuoco che adoperò per incendiarmi con un estintore portatile formato 4×4 versione integrale.

A causa di quel trauma è da più di 30 anni che mi ritrovo costretto a mangiare integrale. Non che mi dispiaccia ma è solo per farvi capire che lei era anche esperta nel “nudo integrale”.

Anche se a pensarci bene che specializzazione occorre per stare tutto il giorno nuda a letto? Certo, direte voi, meglio una donna nuda a letto che una donna vestita in giro per la casa… certo, sono punti di vista.

I suoi punti di vista erano esattamente i punti, perché la sua vista lasciava un po’ a desiderare. Punto.

Mi spiego meglio. Aveva la passione per raccogliere i punti di tutti i supermercati della zona e non solo. Era capace di comprare il burro in un supermercato piuttosto che in un altro, solo per avere maggiori punti sulla tesserina, la quale, al completamento della stessa, avrebbe consentito l’acquisto di un set di tazzine da caffè in fine porcellana, alla modica cifra di euro 12,50. Considerate che senza punti le stesse tazzine sarebbero costate 10 euro: però si sa, raccogliere punti dà un’altra soddisfazione, ed è sempre meglio dei punti di sutura.

Quelle tazzine erano così fini che versando il caffè bollente le bucava e il contenuto finiva inevitabilmente nei pantaloni che avevo appena ritirato dalla lavanderia. Lavanderia nella quale li avevo portati, a causa dello stesso motivo, solo qualche settimana prima.

Ma partiamo dal principio. Lei stava nuda a casa in quarantena a causa di un virus che girava tranquillamente nei quartieri cinesi. A Chinatown quartiere affollatissimo, luogo in cui si incontra di tutto: corna di rinoceronte oramai estinto da più di quarant’anni, corna del marito della mia vicina di casa al quanto allegra;  pipistrelli notturni con Batman diurno, e Robin? Al palo, mentre faceva la lap dance.

Ed è probabilmente in tutto questo mischione di razze, colori, animali e super eroi che qualche informatico partorì il virus. Inizialmente la cosa fu presa sottogamba ma a causa della sua virulenza fu presa anche sotto tono, ma sotto sotto qualcosa mi diceva che avrebbe combinato più problemi di quanto non ne potesse rappresentare una donna che ha appena scoperto che il marito la tradisce.

Detto virus in men che non si dica si trasmise inizialmente attraverso tutti i social e tutti i supporti elettronici. Il fatto grave avvenne quando un tecnico di laboratorio si mise a letto con il proprio smartphone intento a fare autoerotismo in uno di questi siti per adulti: il virus si trasmise in un nano secondo.

Con il suo smartphone aveva un rapporto morboso, che sfociò inevitabilmente in quel morbo.

Da lì il contatto fu immediato, dalla sua mano, alla mano del suo amico che strinse incontrandolo per strada, dalla mano del suo amico alla mano che questo strinse al suo datore di lavoro: avrete capito tutti che questo era un virus alla mano!

“Baciamo le mani”, disse un noto mafioso ad un altro noto presentatore della TV di stampo mafioso, della sua stessa regione. E siccome il bacio è come un rock, questo iniziò a trasmettersi anche attraverso il bacio con lo schiocco che ben si intonava con la chitarra elettrica.

La stessa chitarra che per anni suonò mio padre, per poi scoprire che a casa nostra non abbiamo mai avuto l’elettricità.

E siccome un bacio tira l’altro in breve tempo si capì che il morbo a causa del primo bacio, noto come il bacio di Giuda, arrivò da molto lontano. Ma restiamo ai tempi nostri.

Me ne andavo in giro per casa in quanto isolato, a capire se sarei riuscito a scoprire il paziente zero. Avevo già un sospetto che era davanti agli occhi di tutti: il noto cantante Renato Zero che si esibiva beatamente elargendo baci a tutti i sorcini.

Ma ora vi chiedo: può un essere umano baciare un sorcio per quanto possa essere carino? Dopotutto anche mia madre mi chiamava “piccolo sorcio” e solo ora capisco perché la notte mi diceva: ora vai a dormire nella tua tana.

Qualcuno aveva iniziato ad emulare quelli che baciano i cani in bocca, quelli che baciano i gatti, e allora perché no? Anche i sorci volevano la loro parte. E dopotutto anche loro non erano figli di Dio? Ma qualcuno avrebbe considerato i baciatori folli di animali, più che figli di Dio, figli di B…..a, ma io per ora preferisco fingere.

Questo tormento mi assillava da qualche giorno, giravo per la casa cercando di parlare con qualcuno. Cercai di rivolgere qualche parola al frigo, ma questo è stato da sempre un tipo di poche parole: un tipo freddo.

L’affare tra le mani si stava gonfiando, se ne accorse anche il mio vicino fornito di mascherina e guanti da portiere, che arrossì accorgendosi che quell’affare non era affar suo, infatti i guanti appartenevano a sua moglie. Solo allora capii come mai la moglie era solita avere tutti quegli affari tra le mani. Il portiere oramai stanco dei suoi tradimenti, la lasciò per andare a vivere in una traversa.

Cercavo di dormire ma potevo farlo solo sul fianco destro, perché su quello sinistro avevo una spina nel fianco. Ricordino della signora Rosa alla quale diedi una mano ma che però non mi restituì mai. Sfiorì in breve tempo.

Cercai di attaccare bottone col forno, ma dopo pochi minuti di conversazione iniziò a scaldarsi.

Allora attaccai il bottone in un vecchio jeans, così, tanto per non farlo sentire solo.

Sono a casa e cerco di tenermi in linea, mangio solo in bianco: pasta in bianco, latte in bianco e la notte vado in bianco, forse a causa di tutto quello yogurt.

Un informatore, mi riferì che l’informatico proveniva da una nota famiglia dei Corona, imparentati con i Figus. All’ingresso della loro casa la targa recitava con orgoglio: famiglia Corona-Figus. Inutile dire che i passanti, quella casa, la evitavano come la peste.

La loro era una famiglia allargata, al punto che decisero di partecipare alla trasmissione del dottor Nowzaradan dal titolo, Vite al limite, e loro in quel caso avevano sicuramente superato il limite: dopo 15 giorni di quarantena il loro peso era arrivato a 324 chili. Alcuni di loro non riuscivano neanche ad uscire di casa e chi usciva poi non riusciva ad entrare. Ma se uscivi che motivo avevi poi di rientrare? Al rientro avrei chiesto.

La situazione stava degenerando ed io come consulente del Governo, nonostante avessi solo la terza media riuscivo ad elargire consigli, pacche sulle spalle e buffetti. Ma è da qualche tempo che il governo non mi chiama più: forse perché sono troppo affettuoso!

Il caso è sempre più contorto e senza candeline. Come la torta del mio vicino che nonostante il divieto di assembramento, con gli amici hanno iniziato a lanciarsi pezzi di torta che poi si sono leccati fra di loro per non sprecarla: una cricca di lecchini. 

Continuo a girare per casa, ho la barba lunga, me ne sono accorto guardandomi allo specchio, ma anche questo oggetto, a causa dello stress da isolamento, non riflette: è diventato impulsivo!

Continuo a restare a casa per cercare di risolvere il caso dell’anno con un dilemma: il paziente zero da chi è stato contagiato???

Chiederò aiuto all’agente 007, tale Bond… James Bond.

Da Casu… Ispettore Casu è tutto.

Vi saluto ma non vi abbraccio.

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