Diario: alle stufe preferisco le stanche

Casu 5/2017 – Alle stufe preferisco le stanche – Voce narrante: a BogartCity la notte è ancora giovane e l’ispettore Casu, che invece è già avanti con gli anni, non si tira indietro quando deve intervenire, buttandosi su un nuovo caso: il suo!

La sera prima Piras mi fece perdere la pazienza e nonostante mi misi a cercarla la trovai solo dopo due giorni che giocava a mosca cieca con con la gattina frettolosa che aveva fatto i micini ciechi e slovacchi, ma ne aveva fatto anche uno che sapeva le parolacce in russo.

Appena addormentato una musica di sottofondo suonava nel piatto, messo li ad cazzum (ho sempre amato il latino) dalla mia maggiordoma un automa che in casa fa tutto: spolvera, prepara da mangiare ai micini ciechi che ogni tanto recuperano la vista ma che appena la vedono tornano ciechi.
Una volta fece persino mangiare i pesciolini dalla rana che dopo un po’ li vomitò perché erano dei robot: lei digerisce solo il mio vicino, forse perché le è simpatico.
Una volta i pesciolini gialli dell’acquario diventarono rossi quando la sentirono parlare in quel modo colorito del pappagallo colorato. Smisero di diventare rossi, quella volta che li trovai morti affogati perché si persero in un bicchier d’acqua.

La maggiordoma da vestita era orribile, ma da nuda non era niente male e a fatica riuscivi a capire se si trattasse di un automa o di una donna vera. Lo capivi solo dal fatto che lei da quando l’accendevi fino a quando la rimettevi a caricare aveva sempre lo stesso umore, solo da questo fatto capivi che non era umana!

Mi rigiravo nel letto, dove ritrovai anche un mio vecchio cavallo a dondolo che tentava invano di convincere la cassiera del cinema che durante la proiezione del film non avrebbe parlato.

La mia anima era tormentata dal mio assistente che mi rompeva l’anima tutte le volte che poteva e lui sapeva come fare, come in quell’occasione che mi chiese di porgergli l’altra guancia, perché la prima se l’era presa una delle mie ex assieme all’armadio quattro stagioni. Me lo restituì quando scoprì che dentro non c’erano né le le olivette nere tanto meno il prosciutto cotto.

Sul piatto della bilancia continuava la musica, bilancia che oltre a darti il peso ti diceva quanto un pezzo musicale poteva essere pesante. In questo caso da uno a dieci questo era undici di una palla che si era dissociata dall’altra. Infatti, il pezzo, in questo modo, era diventato palloso. Due palle, invece, le faccio solo a chi mi sta ad ascoltare per più di cinque minuti.

Quel giorno non volevo svegliarmi e Piras era già alla trentaquattresima telefonata ed io continuavo a non rispondergli, lui continuava a chiamarmi ed io continuavo a non rispondergli e lui continuava a chiamarmi, sembravamo due fidanzatini che si erano appena litigati. Una situazione alla quale non sapevo dare un nome, ma solo un cognome: Piras!
Di fatto però io tenevo a lui e lui teneva a me e ai fondi di caffè che gli leggeva una vecchia maga. Maga dilettante, visto che una volta al padre gli disse che sarebbe morto dopo dieci anni, invece morì solo dopo cinque. Lui tornò dalla maga per dirle di quell’errore grossolano: perché d’altronde uno si deve poter togliere anche le proprie soddisfazioni.

Mi svegliai per un attimo e vidi che da un angolo del soffitto scendeva una muffa che stava lì da mesi, avrei dovuto tagliarla e metterla a bollire, poiché stavo cercando di diventare vegetariano.
Il cibo, in un flashback mi riportò all’infanzia. Ricordavo quell’odorino che arrivava dal mare, che non era quello dello iodio, bensì quello del maialetto di sei chili bello tenero che l’unico iodio che sentiva era quello del sale che gli gettavano addosso per rendergli la cotenna più croccante. Lui sì che aveva più di una ragione per nutrire dello iodio nei confronti degli umani.

Mi ricordavo dei chioschetti che appartenevano agli amici dei miei genitori, tanto che potevi tranquillamente prendere una bibita o un gelato per poi affermare con orgoglio: poi passa mamma a pagare. Che figata! Una volta anche mia madre si lanciò in un: poi passa mia madre a pagare… Al che il proprietario disse: ma non era morta?
Mi venne anche in mente quella chitarra elettrica che mi regalarono per natale e che io suonai per più di vent’anni per poi accorgermi che a casa nostra non avevamo la corrente: di corrente avevamo solo l’acqua!

Una volta mio padre cercò anche di far funzionare il phon con l’acqua corrente, ma i capelli di mia sorella rimasero bagnati, provò allora ad usare il casco, ma quando lei se lo lasciò anche per entrare in banca, la arrestarono.
Mi giravo e rigiravo. Ricordavo di quel negozio di scarpe che aveva delle vetrine con dentro tantissime scarpe che io desideravo ma che non potevo permettermi. Solo dopo otto anni di risparmi finalmente entrai per acquistarne un paio, le mie preferite erano quelle gialle a pois verdi che indicai alla commessa e lei oltre il numero mi chiese anche il prefisso: per il trauma feci una seduta dall’analista e una in piedi dallo psicologo.

Sudavo al ricordo del locale: “sette sposi per sette zitelle”, dove forse sarei tornato, non appena le ustioni di quarto grado della scala del mercato di S. Benedetto, si sarebbero sgonfiate. Ustioni provocate dalla bionda che durante l’interrogatorio alla mia domanda: ha da accendere? Lei mi scaricò addosso tutto il suo lanciafiamme portatile: venticinque litri di alcool puro al cento per cento, firmato Focus. Quello che le rimase lo adoperò per farsi il mirto in casa. Da quel giorno smisi di fumare.

Ci fidanzammo per un breve periodo. Lei si sposò dopo appena un giorno non appena seppe che la tradivo con un attaccapanni, quello che per tutta la sera mi aveva fatto gli occhi dolci.
Sogno o son destro? Driiin… Risposi…
– Sono Piras. Ispettore hanno ucciso il nonno in bagno, chi sia stato non si sa…
Questa frase mi ricordava qualcos’altro, ma su questo avrei investigato un’altra volta.
Tornai a dormire: avevo un sogno, ma ormai l’avevo dimenticato.

Voce narrante: riuscirà l’ispettore Casu a destarsi e riprendere a dare la caccia oltre che ai suoi incubi anche i criminali di BogartCity? Alcuni anche peggiori dei suoi incubi? Lo sapremo nella prossima avventura.

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